venerdì 12 ottobre 2007

Due giorni di lavoro e sono esausto, e sporco, sporchissimo al punto che quasi non mi interessa più. Sono le sei ed è il tramonto, il tramonto sul mare di un giorno bellissimo che quasi non ho visto. La luce mette allegria.
In sala macchine la luce artificiale, le cuffie per attutire il rumore, il calore e tutto che scotta. Un posto duro, da rivoluzione industriale che si studia sui libri. Ed in questa sala piena di fili, tubi, rubinetti, interruttori, oli e macchine strane che capisco solo in parte ci sono io. Io da solo. E la barca va perché ci sono io, ed è davvero ora di imparare perché non c’è spazio per il gioco.
Non so cosa direbbe il signor Mendel con i suoi piselli: ma a me pare che il fatto che io sia finito qui sia contrario alle leggi della genetica. E dell’imprinting culturale.
Il manzoniano “fammi luogo vile meccanico” è sempre stato per me un esempio di estrema maleducazione e cattivo gusto, ma solo questo: cattiva educazione. Ma con il suo pezzettino di ragione anche lui. O almeno resta il fatto che – ho sempre pensato - vi sono cose più adatte al mio spirito. E invece forse no.
Invece adesso sono qui. Un meccanico sporco d’olio che ride con l’equipaggio a scherzi a volte grossolani. Molto grossolani. Credo che in Italiano li troverei insopportabili.
Mi piace e non mi piace. L’idea di falo per mesi ed anni mi inorridisce. L’idea di farlo un po’ per imparare mi piace. L’idea di farlo per andare da qualche parte mi piace ancora di più. Forse reggo.
Forse reggo anche perché ne ho bisogno. Non basta licenziarsi, poi bisogna anche lavorare, e non tutti i lavori sono “Signor Direttore vuole un’altra tazza di caffé?”
Federico mi è venuto a salutare. Gli è piaciuto, per una volta, rivedere suo padre in qualche cosa di nuovo, che anche lui ha sognato. Ed è tornata in lui per un momento l’approvazione per me che lo ha accompagnato per tanti anni e che sembra appannata nel giovane uomo Federico. Sono un po’ cauto ad abbracciarlo. Sembra che non gli faccia più lo stesso piacere di prima. Ma mi ha abbracciato lui, due volte. Chissà se i figli sentono quante è importante per noi vecchi questo abbraccio.
Speranza no, era al nido. L’ho baciata con passione, il mio germoglio. Stare via da lei mi fa soffrire. Le sofferenze della condizione umana che non sono tutte male.
È venuta Esmeralda, naturalmente. Incredula, affettuosa, innamorata, scoraggiata, preoccupata. La mia compagna, che a volte è paziente e a volte no. Che a volte ha torto e a volte a ragione. La compagna che spero mi venga a salutare sempre e soprattutto che mi venga ad aspettare sempre quando ritorno. Anzi no... che venga con me. La compagna che spero mi accompagni molto a lungo perché poi di una famiglia nella vita c’è bisogno.
Il mare fuori dalla mia cabina sta diventando scuro. L’odore di cibo comincia ad arrivare sul ponte. È ora che vada a fare la doccia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

:-), hau hadomi o'!