mercoledì 6 dicembre 2006

Huang

Televisione. Le Montagne Gialle. Guardo. Tutto quello che è Cina mi fa fermare un attimo e mi attira. Mai sentite, eppure... eppure no, Dio mio, le ho sentite, eccome, e le ho viste, sì, sì, e ci ho camminato sopra: HuangShan, 黄山. Le ho viste tra le nubi, eppure le ho riconosciute subito, come avrei potuto sbagliare? È il nome in Inglese che è nuovo, un nome non mio.


Mi fermo in silenzio. Speranza piange tra le mie braccia. Poi smette. Ed io vedo passare nello schermo quelle rocce coperte di pini appesi come per miracolo, e le nubi. Mille anni di dipinti. Mille anni in cui si insegna ai bambini che quello è il posto più bello del mondo. Ed io che non l’avevo mai saputo. Ed io sento passare nel mio cuore i pensieri. Accidenti, sono già malinconico, non ci voleva. Penso ad un giorno di una vita fa, alle voci. Il cuore è affaticato sotto la pelle, lo sento. Sento la pioggia che mi bagna sotto al mio impermeabile di plastica gialla. O forse era il sudore. O entrambi.


Mi risuonano in testa le risate, ed altro che non oso dire. E voci. E un sorriso che scompare.


Giorni che cambiano la vita. Giorni che non riconosci se non molto dopo. Un incrocio, lassù sulle montagne. Una strada presa, quasi per caso. Così come succede agli uomini.

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