domenica 31 dicembre 2006

E comunque non stringerei la mano a chi gioisce per la morte di qualcuno. A volte può essere un bene, a volte può essere drammaticamente necessario, ma chi danza per la strada sul corpo del nemico morto non si siederà alla mia tavola. Questo vale anche per chi ha gioito per la morte di Milosevich e Pinochet, o per chi è felice quando salta in aria un autobus carico di bambini israeliani o muoiono palestinesi, somali, ruandesi, kurdi, russi o americani. Sono un po’ stufo di barbarie.
AVETE SENTITO TUTTI? SONO STUFO DI BARBARIE! UN PO’ DI BUON SENSO PERDIO!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono perfettamente d'accordo cone te.....un po' di buon senso santa miseria!!!!.....e poi volevo farti i miei migliori auguri per questo anno che sta per arrivare....spero proprio di rivere te e conoscere la piccola nel 2007!!!!!!un abbraccio grande....ile

Fabio Sacco ha detto...

Saddam Hussein, il dittatore iracheno, è stato condannato a morte dal suo Paese ed impiccato il 31 dicembre 2006 e la sua morte ha messo in discussione la legittimità del tirannicidio e, più in generale, della pena di morte. Tutti contrari?
Se non ci lasciamo trasportare dal gran carro demagogico, possiamo liberamente ricordare come il tirannicidio sia un mezzo per liberarsi "agevolmente" di governanti scomodi o impopolari. Inutile un setaccio storico, aprite un vostro libro di storia e troverete centinaia di casi (forse il più conosciuto è Luigi XVI di Francia durante la rivoluzione francese). Se, al contrario, vogliamo "controllare" i nostri dipendenti (per utilizzare il gergo del comico Beppe Grillo), beh, allora la questione cambia.
In un'intervista del 1 marzo 2004 a Alfonso Gianni, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti (Rifondazione comunista), dichiara che «la politica è chiamata a organizzare la resistenza all’oppressore al fine di vincere e di liberarsi da esso. La legittimità è sancita dalla storia. Vorrei peraltro ricordare che storicamente anche il tirannicidio è cosa lecita.»
Commentando con disappunto l'opinione di Massimo D'Alema, che in "Vincitori e vinti" di Bruno Vespa condanna la fucilazione del Duce, Piero Fassino, DS, sottolinea come «la guerra ha le sue logiche spietate. Non si può dimenticare quanti partigiani sono stati torturati, fucilati, sono morti nei campi di sterminio. A quelli nessuno ha fatto il processo.»
Lo storico "di sinistra" Luciano Canfora afferma che «la morte di Mussolini era l’unico epilogo possibile per un traditore della patria.»
Pietro Ingrao, Rifondazione comunista, in un'intervista all'Unità del 10 ottobre 2000 ricorda: «ci precipitammo con Di Benedetto nelle strade urlando: A morte il duce».

Quanti pacifisti dell'ultima ora!

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