sabato 14 ottobre 2006

Carezze

Gentile Cristina,

io non so come sei tu quando ti fai accarezzare. Non mi è dato di saperlo.
Di questi sorprendenti creature che condividono con noi l'avventura di essere umani, conosco solo pochissime cose che sono accadute a pochi metri dal mio corpo e dai miei sensi. Non pretendo mica di avere osservato tutto, né di aver trovato le parole giuste per ogni cosa.

Soprattutto non pretendo che le parole che ho trovato siano quelle che piacciono a tutti. E men che meno che siano parole che non offendono le regole infinite e cangianti di ciò che si può dire e non si può dire.

Mettiamola così (un po’ rudemente): a me di quello che sta bene dire non me ne può fregare di meno. Se la mia testa, dopo aver passato i filtri del mio ragionamento, mi facesse paragonare una donna ad un gorilla (e non l’ho fatto), lo farei. Se la mia testa mi facesse paragonare una donna ad una gallina, magari ci penserei un po’ su per accertarmi che l’audace metafora fosse quella giusta, ma lo direi. E se la gente si offendesse, l’unico risultato sarebbe che la mia testa continuerebbe a produrre pensieri e similitudini che forse direi, o forse non direi, a seconda della voglia di litigare. Ma li penserei.

Se descrivendo a pennellate rade una donna, che sto immaginando nei momenti di intimità amorosa, usassi un’immagine un po’ animalesca e languida, me ne dovrei forse scusare con tutte le suore che si trovassero a leggere il mio blog, e forse anche con tutte le iscritte al partito. Sapete com’è: il mondo è vario e bisogna prenderlo così come viene, altrimenti si passa il tempo a scandalizzarsi.



.....


Se, se, se, se...sono tutti se. Perché questa delle piume arruffate era una citazione non segnalata da una poesia d’amore che tutti noi uomini dovremmo imparare a memoria. Per impararne le parole, per impararne l’audacia, per impararne l’incuria per lo scandalo e l’amore per la verità.

Rileggiamola, va là...

A mia moglie

Tu sei come una giovane,
una bianca pollastra,
le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell’andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba.
È migliore del maschio.
É come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
Così se l’occhio, se il giudizio mio
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun’altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.

Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la sua carne.
Se l’incontri e muggire
l’odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l’erba
strappi, per farle un dono.
É così che il mio dono
t’offro quando sei triste.

Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d’un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.

Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l’angusta
gabbia ritta al vederti
s’alza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?

Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest’arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere;
questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi un’altra primavera.

Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l’accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun’altra donna.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

da eccessi di fanatico sionismo a sdolcinate fantasie zoofile. che generazione di babbei, gli ultraquarantenni italiani! sfido che nel nostro paese vige la gerontocrazia.

Unknown ha detto...

Poco gentile Signor Ciccio, probabilmente non ho titolo per difendere la poesia forse più bella e probabilmente più famosa di Umberto Saba dalle tue accuse di "sdolcinata dantasia zoologica". Se la poesia fosse mia starei in silenzio e lascerei agli altri giudicare. Visto che non è mia mi sento in dovere di osservare che il tuo commento su uno dei capolavori della poesia italiana del 900 ti qualifica come un rozzo presuntuoso che non ha mai trovato il tempo di leggere niente altro che le tue fole di politica faziosa. Prima di commentare Saba risciacquati la bocca.

Anonimo ha detto...

Gentile Vittore,(quanta formalità) anche io dico quello che mi passa per la testa e non sempre con le parole giuste non volevo certo metterti al muro!Ricordo che una volta a scuola mi leggesti un pezzo di questa poesia e anche allora non mi piacque ma tutto è relativo.

Anonimo ha detto...

suscettibile vittore, non esistono auctoritates da rispettare. se mi va di criticare umberto saba, lo faccio senza farmi alcun complesso. mentre saba metteva nero su bianco i suoi divertissements piccolo-borghesi, c'era gente che lottava per la libertà e che crepava per ideali ben più alti. addavenì baffone, come si diceva un tempo.

Anonimo ha detto...

o mamma mia, non ho parole per quel che ho letto!

Anonimo ha detto...

cioa ciccio....
il mondo per fortuna non è fatto solo di lotte per la libertà... ma la prima libertà è quella di espressione e comunque ilconcetto stesso di libertà è legato al concetto di cultura... un bacio