venerdì 21 aprile 2006

Paure

Il problema dell’estremismo, dell’idealismo, dell’integralismo, è che ha di solito un quoziente intellettuale non altissimo, ma accompagnato da una grandissima stima di sé.

Non è stupido. Può essere colto, anche profondo, ma ad un certo punto si ferma. Non riesce ad aprire una finestra, a mettere un sensore, a captare cosa succede al di fuori del confine.

E la sua percezione di sé si ingigantisce, amplificata da lenti ideologiche piene di fascino e piene di distorsione assunte a virtù: la purezza, il coraggio, l’integrità, la totalità.

E ne segue la retorica battagliera. E gli atti...

........................

Oddio, sono virtù vere, non voglio mica negarlo. Ma come tutte le virtù, sono virtuose solo quando sono governate dalla ragione, che è la virtù intrinsecamente umana. Una virtù strana, poco appariscente, ma che è la nostra virtù perché è il nostro modo di vincere quella battaglia difficile che è la lotta per la vita: come specie, come Stati, come individui.

E la ragione ci insegna per prima cosa (in ordine di importanza, non di tempo) che nessuno si può vantare di averla tutta, perché non una verità ma un procedimento.

.......................

Per l’integralista il suo tesoro è lì, chiaro e scintillante. E lui non si sente poi davvero integralista, si sente solo integro, giusto. Gli altri sono traditori.

Così il giusto diventa freddo e duro, e tra le sue tante virtù dimentica quella virtù caldina che è la misericordia. E dimentica quella virtù procedurale e grigia che è la capacità di mediare, di mettere una parte di cuore nel campo altrui, per vedere nuove cose e dare nuovo materiale di riflessione alla ragione.

.....................

Purtroppo di “giusti” così ce ne sono fin troppi, e a me sembrano “sbagliati”. Anche se anche loro hanno qualche cosa in sé che li rende degni di una ammirazione umana. Lo vedo anche io che non li amo.

....................

Se a questo aspetto parmenideo della psiche umana, sferico e pieno di sé, aggiungiamo una variabile infinita – diciamo qualche cosa come Dio, o il Regno dei Cieli, o il Paradiso, o la Nazione, o il Materialismo Storico – il calcolo delle probabilità impazzisce e i giusti diventano assassini. Che abbiano un fazzoletto verde annodato al capo, o uno rosso, o una divisa grigioverde non fa differenza.

Non so se sono tecnicamente capace di copiarlo. Se no andatevelo a vedere nel blog di Esperimento di due o tre giorni fa il filmato di due ragazzine palestinesi che spiegano ad un deficiente di intervistatore orgoglioso perché a loro piace l’idea del martirio, più della idea della pace.

Ha ragione Amos Oz (grazie Skunk): Il contrario di compromesso è morte.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

La morte e' un contrario di compromesso. Perche' e' assoluta. Ma anche la poesia. E l'amore.

Unknown ha detto...

Sì, hai ragione. Ti voglio bene Federico.

Anonimo ha detto...

Sarò più pragmatica, o ignorante se preferite, ma per me tutto ciò che è soggettivo, interpretato e interpretabile non è assoluto. Solo la morte e la vita sono un dato di fatto. Paola

Anonimo ha detto...

ci si chiede quale volonta' di mediare spinge l'IDF a sparare un giorno si' e l'altro pure razzi katiuscia su gaza, distruggendo case e vite umane (che poi non vanno a piagnucolare sugli schermi TV come le vittime degli attentati, perche' a nessuno frega nulla di loro). ci si chiede come la "ragione", unica virtu' umana, puo' fare il paio con il sogno irrazionale di un israele costruito sulle case e nella terra degli altri. perche' ricordiamocelo: quella e' la terra degli altri.