martedì 21 febbraio 2006

Golia

David Irving è stato condannato a tre anni di prigione per avere negato l’esistenza delle camere a gas nei campi di concentramento.

Ha torto. Torto marcio. Suppongo. So.

Ma perbacco non tocca ad un giudice dirlo. Né ad un parlamento. Né ad una folla in piazza. Dove stiamo scivolando? La libertà che vale per le vignette. Vale ancora di più per i libri.

Le leggi che creano martiri del proprio sapere, del proprio giudizio, sono leggi illiberali e sbagliate. Anche se il giudizio può essere errato.
Con un po’ di sconcerto, con un po’ di timore di trovarmi in cattiva compagnia, devo pur dirlo: ci scusi Dr Irving. Credevo che queste cose non sarebbero più successe.

L’Inquisizione ha condannato Galileo. Su temi astronomici, sembra che Galileo avesse ragione da vendere. Ma ha condannato anche tanta altra gente, che magavi la sparava grossa in tema di religione o di alchimia. E allora? Aveva forse ragione a condannare? La libertà della ricerca non dipende mica dalla correttezza delle opinioni. Meno che meno dalla “correttezza politica”.

Ogni condanna, ogni indice dei libri proibiti nobilita anche il più sciocco degli sciocchi. La libertà nell’uso pubblico della ragione mi sembrava, dopo Kant, un princìpio assodato.

Ma chissà... la storia a volte fa dei giri strani e poco belli. Non ci si può mai fidare di quello che sembra.

Per favore, leggiamoci, rileggiamoci il buon vecchio Immanuel: Che cosa e' questa cosa che chiamiamo liberta'? Non scherzo, sono poche paginette che dovremmo assolutamente ricordare.

Da qui si puo' ripartire.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Siamo forse ad una svolta storica? che poi altro non è che un ripetersi ciclico di ciò che è già stato?

Anonimo ha detto...

l'unico problema è che in passato, ai "bei tempi che furono", certa gente (Irving e co.) finiva ghigliottinata o fucilata. noi oggi non abbiamo alcun coraggio, e ci pariamo il culo dietro alle pronunce (relative a libri scritti 15 anni fa) di qualche giudice imparruccato. dovremmo invece iniziare a prenderci le nostre responsabilità.

Anonimo ha detto...

ma più che altro il problema non è irving. oggi (ah, che tempi!) va molto di moda celebrare tutto. celebriamo il ricordo dell'olocausto. celebriamo la giornata degli storpi. celebriamo la lotta al cancro. però, allo stesso tempo, queste celebrazioni diventano fini a se stesse: mentre usiamo le lacrime di massa sull'olocausto come rito di catarsi collettiva, a guantanamo ed abu ghraib continuiamo ad applicare i buoni vecchi principi del lager. e poi abbiamo anche un attorney general americano, molto democratico (anzi, in re ipsa democratico...), che giustifica la tortura. che ipocrisia.