martedì 7 febbraio 2006

Ad ogni modo...

Non ho il tempo di riscrivere tutto il mio post. Resta il fatto che dalle parole si e' passati ai fatti, che bruciando l'Ambasciata danese si e' dato fuoco ad un oggetto "sacro". Di una sacralita' modesta, terrena, in nome di una sacralita' ontologica, assoluta, metafisica. Con il Libro in mano e il fuoco nell'altra. E c'e' anche stato il morto. Ma le Ambasciate sono sacre davvero e da sempre. Sono condizione minima per continuare il dialogo quando le piazze perdono la testa.
L'ambasciata e' bruciata, e sembra che non sia un caso unico, A Beirut ha fatto seguito l'Ambasciata danese di Theran.
Cosa posso dire? Le ragioni di chi spara non sono sufficienti. Non sono sufficienti per convincermi che devo accettare le regole di questo gioco come se fossero le regole buone.
Mi dispiace se a volte le parole di liberta' sono usate da chi vuole segregare e chiudere le porte. Certo non e' questo l'obiettivo. I problemi esistono e dobbiamo risolverli. Ma non possiamo accettare che le nostre leggi sulla liberta' vengano attaccate. Non dobbiamo accettare che ci sia impedito di scrivere, leggere, sorridere su giornali che vengono pubblicati in Europa. Sarebbe una rinuncia alla nostra sovranita', una rinuncia inaudita alle ragioni della rabbia.
Anni fa, per le strade di Belfast, mi e' capitato di vedere Murales della madonna circondata da uomini armati e con il viso coperto. Era la stessa cosa, anche se sono battezzato Cattolico Romano. Onestamente, se queste piazze avessero in mano la Bibbia o il Vangelo penserei la stessa cosa. Hanno torto, torto, torto e sono pericolosi.
Vorrei sapere "tecnicamente" come potremmo convertire la loro rabbia in qualche cosa d'altro e non lo so. Ma non dimentichiamoci che oggi, domani, dopodomani, ci teniamo tutti a che non arrivi qualche forsennato a dirci che cosa possiamo pensare, scrivere e dire senza finire bruciati.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

l'esercizio di una forma di liberta' implica sempre un certo senso di responsabilita'. liberta' e responsabilita' non vanno scisse. altrimenti si potrebbe sostenere che tutti possano "fare un po' come cazzo gli pare", come diceva un vecchio spot satirico di Guzzanti sulla "casa delle liberta'". se sulle piazze musulmane lo scontro fra il principio di responsabilita' e la provocazione anarco-fascistoide dello Jylland Posten (un quotidiano populista di destra simile alla nostra "Padania") assume le forme del fanatismo religioso bisognera' pure che qualcuno se ne assuma le responsabilita' (non è un gioco di parole). ma rispondere all'offesa del musulmano danese con lo sfotto' o l'arroganza cosi' tipica dei nordici non fa altro che gettare altra benzina sul fuoco.

Anonimo ha detto...

quanto al murales sulle strade di belfast, la metafora rivela impietosamente il tuo punto di vista, che forse condividi con la fallaci (altro prodotto dell'involuzione razzista del sessantottismo nostrano). secondo te, infatti, con i musulmani non puo' che esserci una guerra, cosi' come guerra civile e' quella che si e' combattuta per decenni nelle strade di belfast. dovresti renderti conto, vittore, che le parole (come le vignette) sono importanti.

Anonimo ha detto...

temo pero' che se e' la guerra quella che fallaci, pera, calderoli ed altri geni nostrani vogliono, guerra avranno. chi semina vento raccoglie tempesta. non ti dimenticare, pero', che fra i soldati dell'uno e dell'altro fronte c'e' una differenza. a differenza dei satolli occidentali, i miserabili di Jakarta o di Kabul non hanno alcuna paura di morire per le loro idee (giuste o sbagliate che siano). e di solito le guerre le vince chi non ha paura, o chi ne ha di meno. mentre il ragazzino palestinese considera un onore farsi esplodere in una piazza, il civilizzato occidente americano manda in Iraq gli scarti della sua societa' sfruttatrice, o gli immigrati clandestini in cerca di carta verde. medita, vittore, medita. a noi la guerra non conviene. a bin laden e zahar, tutto sommato, si'.